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al testo di Glauco Ballantini
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Racconti di centodieci parole
Il Musicista di Fiorenzuola
Carlos è un musicista argentino di origini italiane, arrivato in Italia con il percorso inverso di tanti italiani che erano andati in Sudamerica. Aveva avuto problemi con la dittatura ed era tornato con la famiglia in provincia di Piacenza. Lo chiamarono alla leva esonerandolo perché aveva superato i trenta anni. Alcuni lo facevano intenzionalmente, avendone i mezzi, di farsi trovare residenti all’estero e tornare, superata la soglia critica, a farsi dispensare. Non era il suo caso. L’Argentina lontana, come quella gente anni cinquanta. Fu arruolato e dispensato, per sopraggiunti limiti d’età. Rimarrà tutta la vita con la nostalgia della Pampa che non riuscirà mai a superare nella piccola pianura padana.
Il Gaucho di Bobbio
Non conoscevo Manolo Bellocchio, un ragazzo argentino, nato da genitori italiani che avevano fatto il percorso canonico degli emigranti. Aveva conservato la doppia cittadinanza. Lo chiamarono alle armi in Argentina, come tutti quelli nella sua condizione, per “dare un aiuto alla sua terra”. “Gli avevano dato le mostrine e le stelle e il consiglio di vendere cara la pelle”, ma Manolo cadde in battaglia nell’inferno della guerra delle Malvine, ventenne. Il consolato trasmise al distretto di Piacenza la documentazione relativa alla sua triste vicenda conclusa in modo così repentino. La dicitura sul verbale per esonerarlo dal servizio in Italia fu quasi comica: arruolato e dispensato, perché deceduto. Lo conobbi così.
Il Lattaio di Lemignano
Luca era bravo, un ragazzo di una famiglia molto bene. Non c’erano motivi per dispensarlo dal servire la patria, come usava ancora nel lontano 1989 ma si sa, le vie del signore sono infinite, come le conoscenze e le convenienze che può avere un padre imprenditore dell’alta pianura padana. Il latte fa bene. Sic transit gloria mundi. Non ebbe bisogno di dimostrazioni eccessive, non si presentò neanche insieme con gli altri per la visita di leva. Una certificazione, una presa d’atto, e neanche fu mandato in un ospedale militare per accertare la veridicità di quanto asserito dalle carte. Lo dispensarono subito, perché non poteva proprio perderlo un anno di tempo.
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